Tecniche di Rinforzo dopo l’impastamento
Dopo l’impastamento la pasta può essere subito tagliata (appretto) oppure messa in mastello e fatta riposare. O più nello specifico viene laminata o cilindrata.
La laminazione, o definita anche cilindratura, sono operazioni complementari che in alcuni casi risultano fondamentali e in altri facoltative. Vediamo di cosa si tratta:
Subito dopo l’impastamento, alcuni tipi di impasto vengono sottoposti a cilindratura: gli impasti duri. Mentre gli impasti molli seguono il percorso delle pieghe o anche definite folding.
Si diversificano per il grado di idratazione dell’impasto: gli impasti duri infatti passano attraverso i rulli di un cilindro (o anche semplicemente con il mattarello) che li rende più lisci e compatti, mentre negli impasti molli vengono fatte le pieghe (folding) su sé stesso. Se l’impasto è privo di pieghe, la porosità della pasta è molto ampia e rischia fuoriuscita di gas, quindi uno scarso trattenimento di aria.
La laminazione
dell’impasto influisce anche sull’attività del lievito. Un impasto non laminato diminuisce lentamente la fermentazione, perché le cellule del lievito non riescono a muoversi in modo attivo in tutta la massa (proprio perché l’impasto è duro), di conseguenza consumeranno gli zuccheri della stessa zona, che si impoveriscono di sostanze nutritive; alla fine questo processo porta ad accumulo di prodotti tossici che agiscono da inibitori per le cellule del lievito stesso.
Con la laminazione o con la formazione delle pieghe, la massa dell’impasto viene rimescolata e le zone intorno alle cellule del lievito rinnovate, permettendo alle cellule di nutrirsi e ai prodotti tossici di venir eliminati. La fermentazione risulta più attiva e il volume più sviluppato.
Lo scopo principale della laminazione dell’impasto o della formazione delle pieghe è rinforzare la consistenza e resistenza dell’impasto che, durante la lavorazione, utilizza il nuovo ossigeno per formare nuovi ponti disolfurici nel glutine.
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Ecco perché sono tecniche fondamentali quando si sta impastando con farine che presentano uno scarso contenuto di glutine. Ad esempio la farina di segale presenta una elevata quantità di gliadine ma è molto povera di glutenine e sviluppa un impasto molle e appiccicoso con caratteristiche reologiche molto diverse da quello classico di frumento tenero. Oltre alla segale, anche l’orzo o il farro presentano caratteristiche di impastamento differenti, quindi è importante adattare i processi e metodi di impastamento ai nuovi substrati.
In questi casi è necessario lasciare i nostri impasti in autolisi (tempo di riposo di solo acqua e farina), per dare il tempo necessario all’acqua di idratare i diversi componenti (queste farine sono ricche di fibre): a temperatura ambiente i pentosani sono in grado di creare un gel che andrà a supportare le carenze di una maglia glutinica debole o quasi assente.
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Per ottimizzare la formazione di questo gel è importante finire l’impasto a una temperatura compresa tra i 27-29°C. la fase di puntata può variare in base al rapporto fra farina di frumento tenero e farina di non frumento tenero.
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